Lamezia Terme ha in dotazione un notevole patrimonio culturale che testimonia la straordinaria e pluri-secolare vicenda storica della città e del suo territorio. Il contesto geografico di cui Lamezia è il centro, il Lametino, tra preistoria, protostoria e storia è caratterizzato da una “sostanziale unità geografica, culturale e, spesso, anche amministrativa nel corso degli ultimi tre millenni”.
E’ una città, la nostra, con un clima dolce e mite; inverni non eccessivamente freddi ed estati nemmeno troppo calde ed afose. Situata nel cuore dell’Istmo lametino/scilletino, è adagiata sulla omonima pianura, davanti allo splendido golfo di S. Eufemia Lamezia, che Aristotele indicava come il “Sinus Lametinus”. Le sue acque sono trasparenti e tranquille quanto l’aria è tersa, luminosa, pulita. Nelle giornate di maggiore visibilità si intravede, sullo sfondo, il vulcano Stromboli attorniato dalle altre isole dell’arcipelago eoliano. Da alcuni punti più alti delle colline che la circondano, ad anfiteatro naturale, quando l’etra è particolarmente limpido, è possibile cogliere ed osservare, contemporaneamente, le immagini dei due vulcani siciliani, il già citato Stromboli e l’Etna, che si ergono imponenti verso l’alto ed entrambi, placidamente, se la fumano…..
Naturalmente, non bisogna immaginare che le bellezze di Lamezia e del Lametino siano costituite solo dal mare, le colline, le montagne, il sole, l’aria, la luna, le stelle e, per ultima, la “Riviera dei tramonti”……tutte cose molto belle, intendiamoci, di cui il Padreterno è stato prodigo ed ha elargito, in abbondanza, a tutta la Calabria. Al contrario, lo sconsiderato intervento dell’uomo, soprattutto nel corso degli ultimi decenni, ne ha piuttosto stravolto e semi-distrutto diverse (di cose). Per fare alcuni soli esempi, che sono sotto gli occhi di tutti, mi limiterò a ricordare i disboscamenti delle colline, l’abbandono delle montagne, la cementificazione delle coste, l’inquinamento delle acque marine. Con le disastrose conseguenze, in termini di impoverimento e maggiore fragilità dei territori, di cui tutti siamo a conoscenza e, a volte, testimoni durante i ricorrenti eventi scatenati dalla natura.
Oltre che di bellezze naturali, Lamezia e il Lametino, sono provvisti di tante opere bellissime e dense di significato, storico, artistico, culturale, create dal lavoro e dalla ingegnosità dell’uomo, risalenti ad epoche recenti, alcune; a secoli o, addirittura, a millenni, altre. Molti suoi cittadini spesso ignorano che queste opere esistano e pensano che gli unici reperti storico/archeologici da apprezzare e visitare siano solamente i ruderi del Castello normanno-svevo, quelli dell’Abbazia Benedettina, il Bastione di Malta, le sopravvenienze archeologiche dell’antica, magno-greca, città di Terina, colonia sul Tirreno di Crotone di Pitagora. Così non è, invece!
Nel 2008, al terzo anno della prima amministrazione Speranza, allorchè l’Assessorato alla cultura ed ai beni ed alle attività culturali del comune era diretto da Giovanna De Sensi Sestito, l’Università della Calabria, attraverso il Centro Herakles per il Turismo culturale, elaborò una guida di un numero considerevole di beni culturali della città. “Lamezia Terme tra Arte e Storia” ha per titolo, quella guida, e costituisce un catalogo, denso ed aggiornato, delle aree archeologiche, dei centri e periferie storici, dei palazzi, delle chiese, delle opere d’arte esistenti nei tre ex comuni lametini.
Furono censiti e “raccontati” da un gruppo di professionisti volontari, raccolti attorno alla professoressa De Sensi Sestito, che del Progetto fu la responsabile scientifica e la curatrice; mentre la prof. Stefania Mancuso né curò l’ideazione e l’editing. Il tutto, è bene ricordarlo e sottolinearlo, avvenne gratuitamente. Il Comune non sborsò un euro di compenso a nessuno del gruppo dei collaboratori della De Sensi Sestito, ma si limitò a sostenere le spese di stampa.
Un’altra opera che bisogna tenere presente e, possibilmente tenere a portata di mano nella propria biblioteca pronta per la consultazione, se si abbia voglia di conoscere le bellezze della Calabria nonchè del territorio lametino, è costituito dal pregevole volume del prof. Fabrizio Mollo, archeologo dell’Università di Massina, di recente pubblicazione per i tipi della Rubbettino. Il suo titolo è: <<Guida archeologica della Calabria antica>>. “Si tratta – come è scritto sulla quarta del medesimo volume – di un agevole, ma completo strumento, corredato da un ricco apparato grafico e fotografico [………] indirizzato ai turisti che vogliono scoprire le bellezze della Calabria, ai cultori dell’antico, agli archeologi ed ai giovani studenti universitari, ma soprattutto rivolto ai calabresi, che tutti dovrebbero leggere per riappropriarsi consapevolmente del loro importante passato”.
Tra l’altro la Guida contiene tredici itinerari […….] che “offrono una descrizione puntuale e aggiornata…di tutte le aree visitabili…..”
Il secondo itinerario riguarda proprio Lamezia e il Lametino, attraverso il seguente tracciato:
1. Nocera Terinese – Parco Archeologico di Piano della Tirena;
2.Lamezia Terme – Museo Archeologico Nazionale Lametino;
3.Lamezia Terme – Parco Archeologico di Terina;
4-Curinga – Parco Archeologico delle Terme di Curinga.
Se vogliamo, dunque, che il patrimonio culturale della nostra città, che costituisce l’insieme dei segni visibili della storia del nostro territorio, svolga la funzione di indurre i cittadini a “scoprire l’identità della comunità, a ripercorrerne le millenarie vicende, a rintracciarne e rivitalizzarne le tradizioni più radicate” e, oltre a questo aspetto di natura storico/culturale, ad attirare i turisti a visitarlo con ricadute anche sullo sviluppo economico del territorio, è necessario che esso venga conservato, protetto, restaurato, quando le condizioni dei singoli beni lo richiedano, valorizzato ed infine reso fruibile dalla collettività.
Una politica efficiente, seria ed efficace che voglia puntare sul ruolo non secondario dello sviluppo integrale del comune e del territorio ad esso circostante, non può che affrontare con questi criteri il capitolo beni culturali a Lamezia. E metterli in rete.
Ha dichiarato l’archeologa dell’Università della Calabria, Stefania Mancuso, nell’agosto del 2017, in un ‘intervista resa alla Gazzetta del Sud. <<Bisogna pensare ad un piano che metta insieme tutti i beni presenti sul territorio, diversamente non si farà mai niente. L’unica soluzione è pensare – continuava la Mancuso – come gestire i beni che sono di proprietà del Comune. L’Amministrazione si dovrebbe autodeterminare, istituendo un ufficio ad hoc per gestire questi beni con orari di apertura e visite guidate; oppure effettuare un bando per affidare ad associazioni culturali od imprese la gestione, come sta avvenendo in molte zone della Calabria, dove sono nate le imprese culturali. A Lamezia non si è potuto procedere in questa direzione perché la passata amministrazione non ha firmato l’Accordo di programma con la regione, quindi è rimasta fuori, ma in molte città, come Cosenza, il Parco di Caulonia o quello di Monasterace o il Parco di Scolacium, sono nate dalle imprese culturali che hanno preso in gestione i beni. E’ una nuova forma dinamica di collaborazione tra pubblico e privato: si interagisce e si programmano interventi condivisi>>
Questo discorso, che non fa una piega in relazione ad una gestione razionale, programmata ed efficiente, dei beni costituenti il Patrimonio culturale di una qualsiasi città, per Lamezia era valido per le passate amministrazioni comunali, resta valido ancora oggi, in regime di amministrazione commissariale, e lo sarà ancora più, per quella prossima quando, dopo essere stata eletta, stabilirà le priorità del programma di governo della città. Sarà proprio in relazione alla lista di priorità – ad al posto che in essa occuperà il paragrafo relativo alla tutela, conservazione, valorizzazione e possibilità di fruizione pubblica dei beni della città – che si potrà capire di quale caratura culturale e sensibilità verso la storia e l’identità della città saranno dotati coloro che ne faranno parte.
Giuseppe Sestito