Intervista a Marco Rossi Doria di Conchita Sannino – Repubblica
Marco Rossi-Doria, lei è stato per oltre vent’anni maestro di strada, nei quartieri a rischio di Napoli. E sottosegretario all’Istruzione. E ora è in contatto con scuole di tutta Italia. Cosa accade ai nostri ragazzi?
Accadono, in questi giorni, anche cose bellissime. Ci sono mamme, a Secondigliano, periferia nord di Napoli, che impastano la farina e fanno il pane con i figli e condividono questi processi con la maestra a distanza.
E magari sono gli stessi genitori che fino a qualche mese prima inveivano contro quelle insegnanti…
È vero. È il cambiamento. A Milano, in una scuola media, hanno iniziato a gestire una radio a distanza per fare compagnia agli anziani. In una primaria, in Calabria, stanno facendo a gara per aiutare chi non poteva connettersi, facendogli arrivare in sicurezza un tablet, un cellulare. Stessa attenzione a Torino. Succede che il bambino con disabilità viene chiamato al telefono anche quattro volte dalla sua insegnante di sostegno.
Il virus è diventato “la materia”.
È fatale. Meno male. Si parte dal virus per parlare della cosiddetta Spagnola che falcidiò la vecchia Europa, la storia del continente. C’è chi ne approfitta per spiegare i batteri, chi arriva a Manzoni o al Decamerone. Poi, certo, ci sono anche insegnanti, ma sono una minoranza, che si piazzano davanti al computer e assegnano compiti. Come se questa fosse solo una parentesi.
I vecchi compiti non possono riempire il vuoto, le domande?
Sì, ma questo dramma non può essere solo dolore, deve diventare occasione. Quindi, la lezione frontale, l’assegno da eseguire, i compiti, la verifica e poi ti metto il voto: no, non possiamo fare come se nulla fosse. Come dice Giulia Tosoni, una giovane preside in una scuola di Milano, il problema non è cosa faremo quando riapriremo. Ma che tipo di scuola vorremo dopo. Io penso sommessamente che il metodo di studio trasmissivo e conservatore della scuola italiana debba cambiare.
Intanto, ci sono i più piccoli, senza gioco e uscite. Cosa fare?
Tante cose si possono e si devono fare. Sommario elenco. Pulire i pavimenti, saper pulire casa, perché. Fare ordine in stanza con mamma e papà: cosa tenere, cosa no, perché. Partecipare al rito della cucina, sparecchiare. Guardare il cielo ogni giorno, coi colori che mutano, disegnarli. O ancora: guardare dei bei programmi Rai, discuterne. Tenere un diario, come una bambina eccezionale, Anna Frank.
E parlarne.
Quello che è certo è che milioni di bambini e ragazzi sono entrati con noi in questo tunnel. Per loro sarà un passaggio specifico, indimenticabile: sia cognitivo, sia emotivo. Ma è come se proprio loro cominciassero a vedere, in mezzo a tante domande e paure, una nuova scuola, un’idea di comunità. Che certo, dopo, dovrà porsi in maniera ossessiva il tema delle diseguaglianze.
Ecco. In molte case, i bambini non hanno un tablet. O i tre figli fanno a turno: in tante perierie disagiate, da Nord a Sud.
Bisognerà investire tutto sulle diseguaglianze. Non possiamo più permetterci dispersione scolastica e fallimento formativo. Non potranno più esistere alunni di serie A e di serie B.
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