Le notizie apprese in questi ultimi giorni appaiono come una scure per la città di Lamezia Terme e soprattutto sembrano voler punire una intera comunità che lavora prodiga nel tentativo di cambiare rotta, invertendo la marcia di una politica che purtroppo, ormai da tempo, ha fatto sì che si cadesse in un vortice degenerativo. Pur consapevoli di gravi inefficienze, pur consapevoli delle difficili condizioni in cui si lavora e della necessità di operare affinché le criticità siano, almeno in parte, sanate, si ritiene inaccettabile quanto deciso dal commissario prefettizio ai danni delle alte professionalità presenti nella nostra città.Si rifugge da ogni forma di campanilismo così come non si ha intenzione alcuna di innestare inutili polemiche; ci si vuole piuttosto interrogare sulle motivazioni che hanno dettato una scelta destabilizzante e penalizzante privando la città di quella necessaria responsabile operatività civile che, senza dubbio, avrebbe potuto offrire un contributo fattivo a favore della stessa.Stiamo assistendo ad una pratica che sembra volere a tutti i costi considerare Lamezia una città di mafiosi, inetti, immorali, incapaci di offrire un servizio in termini di intelligenze, professionalità, esperienze positive, competenze e per questo rivolgersi altrove, mortificando ancora una volta una comunità operosa e culturalmente disponibile a praticare ogni forma di rinascita.
Nell’incontro avvenuto poco meno di un mese fa con il commissario prefettizio (vedi foto), La Nuova Frontiera dei Liberi e Forti aveva chiesto che si guardasse alla città, non solo come «sito da bonificare», ma anche e soprattutto, garantendole un ruolo alla pari nel rapporto con le altre città calabresi.
Il protocollo d’intesa, il cui contenuto speriamo venga reso noto a breve, non può limitarsi ad una mera funzione tecnica/burocratica; l’Agenda Urbana già nel Patto di Amsterdam del 2016 si era posto come principale obiettivo l’avvicinamento tra le strategie politiche e il bisogno dei cittadini, prevedendo un ruolo strategico del partenariato sociale, in particolar modo sui temi della lotta alla povertà, dell’inclusione sociale, della riqualificazione dei centri urbani, dell’attenzione alle periferie.
Chiediamo alla terna commissariale, prima ancora di assumere decisioni strategiche e fondamentali per la comunità lametina di convocare il partenariato socio-culturale del Terzo settore, imprenditoriale e delle professioni della città.
Diciamo con forza e chiarezza che non condividiamo questa miscellanea progettuale che va contro le strategie di sviluppo di tipo partecipativo per come, d’altra parte, ci viene indicato dalla Commissione europea.
L’Agenda Urbana non può essere licenziata come semplice atto burocratico, al contrario deve avere una visione progettuale-strategica della città per i prossimi vent’anni: è un atto di natura squisitamente politico e di ciò va tenuto conto anche nell’affidare ruoli, compiti e funzioni ad altre città i cui interessi e le prospettive di sviluppo non possono coincidere per storia, tradizione e collocazione territoriale.
Si chiede inoltre di aprirsi ad un dialogo costruttivo e proficuo con la cittadinanza.
La Nuova Frontiera dei Liberi e Forti
Dalla mia esperienza di rapporto con le amministrazioni comunali ho potuto constatare che il caso Lamezia non é l’unico. Purtroppo le amministrazioni prefettizie sono piuttosto inclini ad interpretare il proprio ruolo in maniera meramente burocratica, altrimenti detta “ministeriale”. Questo modo di gestire la cosa pubblica da parte dei commissari, se da una parte si giustifica con una particolare attenzione per le procedure, improntate a rigore amministrativo (specie dopo alcune “gestioni allegre” della politica che li ha preceduti) , dall’altra rischia di inaridirsi in una prassi di governatoriato poco attento alle variegate esigenze del territorio. Ciò è particolarmente evidente nelle politiche sociali che, com’è noto, non possono essere improntate a una sorta di ingegneria sociale, alla stregua di altri settori come i rifiuti, l’urbanistica, ecc. (ma fino a un certo punto come giustamente potrebbero obiettare gli specialisti di sociologia urbana, molto attenti al “fattore umano” più che ai metri cubi dei palazzi). Lo ha dimostrato in maniera evidente l’esperienza del Piano Azione Coesione in campo sociale, incautamente affidato alle Prefetture che, diciamolo pure, hanno dimostrato i propri limiti (se non ci credete chedetelo ai 34 comuni capofila degli ambiti sociali) . Le politiche sociali sono un campo delicato dove il fattore umano, veicolato dall’associazionismo sociale, conferisce una peculiarità che busogna leggere con l’opportuna sensibilità e competenza.