di Giuseppe Sestito
Lungo il Corso Numistrano, che come ho in precedenza scritto su di mensile locale è il bene storico-monumentale più bello e significativo di Lamezia Teme, si trovano collocati diversi altri beni culturali di notevole interesse di cui spesso non si conosce l’esistenza. O, se la si conosce, se ne ignora il valore artistico. Pochi hanno consapevolezza della loro importanza per cui la maggior parte di tali beni è rimasta lungo i decenni sconosciuta diventando marginale ed ininfluente rispetto alla crescita della cultura civica e storica della comunità sociale lametina.
Quanti, per esempio, sanno che all’interno della Chiesa di San Domenico, nel cui annesso convento dei domenicani soggiornò e studiò Tommaso Campanella, esiste, tra le altre opere d’arte di rilievo, un intero ciclo pittorico di Francesco Colelli, pittore nicastrese assai apprezzato negli ambienti artistici del tempo in cui visse (1734 – 1820)? Alcuni libri editi negli anni scorsi da studiosi lametini offrono un esauriente resoconto delle vicende storiche che hanno interessato la chiesa ed il convento e illustrano il valore artistico delle opere in essa custodite; anche la produzione artistica di Francesco Colelli è stata oggetto di accurate ricerche, di belle pubblicazioni e di una recentissima mostra nella nostra città. Ci sarebbe da chiedersi quanti l’abbiano visitata.
Un altro importante bene storico monumentale, su cui intendo soffermarmi brevemente, è il “Monumento dedicato ai Caduti” di Nicastro durante la prima, grande, guerra mondiale degli anni 1915-1918. Insieme a quello di Sambiase, esso è il più “sacro monumento civile” che esista in Lamezia Terme, ma nel contempo è uno dei più trascurati. Ci si ricorda di esso solo il 4 novembre ed il 25 aprile di ogni anno, allorchè il sindaco pro tempore della città o il commissario prefettizio, se il consiglio comunale è sciolto, vi si recano in corteo con qualche decina di cittadini, spesso dipendenti comunali, per deporvi una corona di fiori. Eppure quel Monumento è stato costruito, nel cuore della città, proprio con l’intenzione di immortalare la memoria di quei Figli di Lamezia Terme-Nicastro, la maggior parte dei quali giovani o giovanissimi (quando furono chiamati alle armi molti dei ragazzi nati nel 1899, come mio padre, non avevano ancora compiuto 18 anni….), che immolarono la vita, o rimasero mutilati nel corpo e nello spirito, per completare l’Unità d’Italia ed acquisire alla Patria le terre irredente di Trento e Trieste. Dovrebbe essere un luogo di “culto civile”; è invece il Monumento forse peggio tenuto e poco considerato. Molti cittadini, forse la maggior parte della popolazione, ignorano perché fu costruito, quando lo fu, e cosa ci sta a fare e a rappresentare in quel luogo. Eppure, esso fa riferimento ad un pezzo di storia, tragica, della nostra comunità nazionale e cittadina e serve a conservare e tramandare la memoria della sofferenza e della morte di alcune centinaia di Figli della nostra comunità sociale degli inizi del secolo scorso.
Il Monumento sorge difronte all’antico Palazzo di città ed alla Cattedrale, i due Edifici simbolo di più alto significato della nostra comunità sociale: civile l’uno, religioso l’altro. Fu costruito nell’immediato primo dopoguerra ed inaugurato, se non ricordo male, nel 1924, sul sito in cui era ubicata la “storica” Fontana che, dopo alquante peripezie, adesso ha trovato sistemazione nella villa comunale (come chiamarla altrimenti?) che è stata edificata in Piazza Mazzini, nel vasto spiazzo di terreno che fino agli inizi degli anni ‘60 del secolo scorso era conosciuto con la denominazione di Piazza d’Armi.
Sarebbe opportuno che il Monumento ai Caduti venisse inserito – insieme agli altri edifici che il sindaco Mascaro ha citato nel programma elettorale e che qui ricordo: Palazzo di Città, Palazzo ex anagrafe, (che prima di essere tale è stato la sede della banca popolare cattolica di Nicastro e del suo territorio), Teatro Umberto – nel progetto complessivo che sarebbe possibile realizzare con l’accesso ai fondi dell’Agenda Urbana, POR Calabria 2014-2020 per farne oggetto di una restauro completo. Il che vuol dire, per quanto concerne il Monumento ai Caduti, occuparsi del verde del giardino curandone periodicamente sia il prato che le aiuole che gli alberi; rifare i muretti di perimetrazione, ripulire le due fontane che vi sono allogate e, con sistemi e prodotti di detersione appropriati, la stele di marmo in cui sono elencati i nomi dei Caduti nicastresi; ripulire, infine, la statua in bronzo che simboleggia il soldato il quale, pur con il braccio destro amputato e col sinistro che brandisce una baionetta spezzata, si getta all’assalto del nemico. Anche il decoro della città e la sua immagine trarrebbero un indubbio vantaggio da questa operazione di restauro. A ragione, ci si potrebbe vantare che la città stia diventando più “bella ed invidiabile”!
C’è, infine, un dato particolare, che voglio evidenziare per evitare che sia sottovalutato e perciò trascurato e dimenticato. Come si può vedere in due delle fotografie annesse all’articolo, la prima, scattata nel mese di giugno del 1959 in occasione della celebrazione del decennale della fondazione della GIAC (= Gioventù italiana di azione cattolica) della diocesi di Nicastro, mostra che sotto la statua era collocata una scultura (in bronzo come il soldato sovrastante…) raffigurante una corona floreale, che protende i suoi rami in senso orizzontale e porta inciso, al centro, lo stemma dell’ex città di Nicastro. Alcuni decenni fa essa fu divelta dalla roccia in cui era fissata e rubata. Mi chiedo se nell’eventuale, auspicato, lavoro di risistemazione del Monumento non sarebbe un opportuno segno di sensibilità ed intelligenza verso la cultura e la storia civica, farne costruire una copia, uguale o simile alla quella originaria, utilizzando il materiale ritenuto più confacente dagli esperti nel campo di quei lavori.
Incentivare la crescita e la diffusione della cultura nella nostra città non può consistere prevalentemente nella presentazione di libri di autori più o meno conosciuti; oppure nella moltiplicazione stagionale degli spettacoli teatrali dove il ceto politico/amministrativo nostrano volentieri è presente e prende la parola per potersi vantare che la cultura sia, nella nostra città, un suo impegno prioritario. Cultura è anche, soprattutto direi, saper valorizzare e custodire quei beni che sono la testimonianza materiale e “perenne” della storia di una comunità. Ecco perché mi sembra opportuno richiamare continuamente la necessità della riqualificazione e restituzione alla vivibilità sociale del Corso Numistrano. Perché esso è il trasmettitore materiale, nei secoli, più di qualunque altro monumento o bene artistico della città, della nostra storia, cultura, civiltà, delle nostre tradizioni civili e, per alcuni aspetti, anche religiose. Se si lascia che il Corso Numistrano vada perdendo, mano a mano che trascorrono i decenni, il senso ed il significato di tutti gli eventi e le vicende che racchiude nel suo seno e di cui è diventato fedele custode e testimone dal momento della costruzione fino ai nostri giorni, anche noi, i lametini, finiremo col diventare un popolo anonimo, senza storia e tradizioni, privo di identità e futuro.
Ho notato che di recente sono state assunte due disposizioni che lo riguardano: l’introduzione della raccolta porta a porta dei rifiuti solidi urbani, che mi sembra sia un provvedimento opportuno e per cui mi auguro che abbia successo; e il rifacimento della segnaletica orizzontale. Per quanto riguarda questa seconda disposizione amministrativa, spero ch’essa non sia stata assunta affinchè serva a rendere irreversibile il parcheggio delle macchine e più agevole lo scorrimento veicolare lungo il Numistrano. Perché, in questo caso, quella segnaletica rischierebbe di farci ripiombare nell’oscuramento della ragione e nell’incapacità di percepire il senso della bellezza. Gli amministratori di una città hanno il dovere di coltivare ed implementare, espandere, non a parole solamente – come spesso è successo e succede nella nostra città – il decoro e la bellezza dei luoghi di maggiore aggregazione umana e sociale di una comunità, dei quali ha il diritto di poter continuare a godere.