I vicini di casa esistono. Lo avevamo dimenticato o preferito dimenticarlo, ma è un fatto che, a causa della pandemia, è emerso in modo lampante come quando un paesaggio rispunta fuori a causa dello sciogliersi della neve. E così, tra le altre cose, abbiamo scoperto che ci sono altri esseri simili a noi che vivono a pochi metri da noi, che si possono anche incontrare, che si affacciano sui balconi e magari amano conversare con noi e cantare insieme qualche vecchia canzone per scaldarci un po’ il cuore in questa fredda primavera nonostante il sole beffardo che splende ormai da mesi a dispetto della stagione.
Il vicino, questo sconosciuto, che adesso abbiamo l’occasione di conoscere un po’ di più. Con prudenza ovviamente, e anche con un po’ di paura. Giustificata. Perché ha ragione Chesterton quando ci ricorda che «Se domani mattina la neve ci bloccasse nella strada in cui abitiamo, d’improvviso entreremmo in un mondo molto più ampio e convulso di quello che abbiamo mai conosciuto. E l’uomo tipicamente moderno si sforza in ogni modo di fuggire dalla strada dove abita. Dice che sta fuggendo dalla sua strada perché è tediosa; mente. In realtà sta fuggendo dalla sua strada perché è di gran lunga troppo emozionante. […] Egli deve darsi consolazione e acquietarsi fra tigri e avvoltoi, cammelli e coccodrilli. Queste creature sono, in effetti, molto diverse da lui. Non cercano di demolire i suoi principi e asserire i loro; gli strani mostri della strada suburbana cercano di fare esattamente questo. Ciò che temiamo nei nostri vicini, in breve, non è la ristrettezza del loro orizzonte, ma la loro superba tendenza ad allargarlo. I misantropi fingono di disprezzare l’umanità per la sua debolezza. In realtà, la odiano per la sua forza».
I vicini sono come dei mostri in effetti, qualcosa che sfugge al nostro controllo, che incute un certo timore e qui entra in campo Dio: «Noi ci facciamo i nostri amici; ci facciamo i nostri nemici; ma Dio fa il nostro vicino della porta accanto. Per questo egli ci appare rivestito di tutti gli incuranti terrori della natura; è strano come le stelle, sconsiderato e indifferente come la pioggia. Egli è l’Uomo, la più terribile delle bestie. Per questo le antiche religioni e l’antico linguaggio delle Sacre Scritture mostrarono una così acuta saggezza quando parlarono, non del dovere di ciascuno verso l’umanità, ma del dovere di ciascuno verso il suo vicino. […] La Bibbia ci dice di amare i nostri vicini di casa, ed anche di amare i nostri nemici. Probabilmente perché spesso sono la stessa cosa».
C’è Dio nel nostro vicino, anzi è Dio stesso a farsi vicino, ad avvicinarsi a noi, a diventare uno di noi, è questo il cuore della fede cattolica, l’incarnazione. La predicazione di Cristo secondo l’evangelista Marco comincia con questa parola: “Il Regno di Dio è vicino”.
Ce lo ha ricordato Papa Francesco questa mattina, 18 marzo, nell’omelia della messa a Santa Marta, in cui ha parlato della vicinanza di Dio, un tema a lui molto caro. È partito dal passo del Deuteronomio: «Infatti, quale grande nazione ha gli dei così vicini a sé, come il Signore, nostro Dio, è vicino a noi ogni volta che Lo invochiamo?» spiegando che «Il Signore dà la Legge al suo popolo con un atteggiamento di vicinanza. Non sono prescrizioni di un governante, che può essere lontano, o di un dittatore… No. È la vicinanza. E noi sappiamo per la rivelazione che è una vicinanza paterna, di padre, che accompagna il suo popolo dandogli il dono della Legge. Il nostro Dio è il Dio della vicinanza, è un Dio vicino, che cammina con il suo popolo».
Tutto il resto della Bibbia è lo struggente racconto della storia dell’infedeltà degli uomini, il “suo popolo”, che non riesce a camminare con questo Dio che si fa vicino. Perché, dice il Papa, «L’uomo rifiuta la vicinanza di Dio, lui vuole essere padrone dei rapporti e la vicinanza porta sempre con sé qualche debolezza. Il “Dio vicino” si fa debole, e quanto più vicino si fa, più debole sembra. […] La vicinanza umilia Dio. Lui si umilia per essere con noi». E l’uomo preferisce la forza, illusoria, alla debolezza, vera. E invece: «Il “Dio vicino” ci parla di umiltà. Non è un “grande Dio”, no. È vicino. È di casa. E questo lo vediamo in Gesù, Dio fatto uomo, vicino fino alla morte».
Il Papa cita Adamo e poi Caino: rifiutando la vicinanza di Dio l’uomo rifiuta anche la vicinanza del fratello. Alla morte di Dio segue la morte del prossimo. Le due morti (o vite) sono intrecciate indissolubilmente, da sempre e per sempre, e anche oggi: «Il nostro Dio è vicino e chiede a noi di essere vicini, l’uno all’altro, di non allontanarci tra noi. E in questo momento di crisi per la pandemia che stiamo vivendo, questa vicinanza ci chiede di manifestarla di più, di farla vedere di più. Noi non possiamo, forse, avvicinarci fisicamente per la paura del contagio, ma possiamo risvegliare in noi un atteggiamento di vicinanza tra noi: con la preghiera, con l’aiuto, tanti modi di vicinanza. E perché noi dobbiamo essere vicini l’uno all’altro? Perché il nostro Dio è vicino, ha voluto accompagnarci nella vita. È il Dio della prossimità. Per questo, noi non siamo persone isolate: siamo prossimi, perché l’eredità che abbiamo ricevuto dal Signore è la prossimità, cioè il gesto della vicinanza». È questa la parola dolce, consolatoria ma anche rivoluzionaria che arriva dal Vangelo tramite la predicazione del Papa: il nostro «non è un “grande Dio”, no. È vicino. È di casa». È un vicino di casa.
Andrea Monda
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